Longiano è un piccolo paese a pochi chilometri dal mare, circondato da vigneti, frutteti, oliveti e posizionato sulle colline che scendono dolcemente verso la pianura che porta all’Adriatico. E’ una delle località più frequentate dell’Appennino Romagnolo, bellissima, ricca di scorci pieni di poesia e di panorami struggenti.
La sua vocazione culturale, i numerosi musei, la sua amenità, il senso di ospitalità dei suoi cittadini sono da sempre i suoi fiori all’occhiello e tutto questo, unito all’organico impatto storico-architettonico e alla fantastica posizione paesaggistica, le hanno fatto vincere nel 1992 il premio della rivista Airone col patrocinio della Comunità Europea quale “Villaggio ideale d’Italia”. Dal 2005 Longiano ha inoltre ottenuto il prestigioso riconoscimento di “Bandiera Arancione”, il marchio di qualità turistica e ambientale che il Touring Club Italiano riconosce ai Comuni dell’entroterra che si distinguono per un’offerta di eccellenza e un’accoglienza di qualità.
Salendo per le ripide salite del centro storico arriva al Castello Malatestiano, sede della Fondazione Tito Balestra. E dentro alle sale di questa imponente struttura che sovrasta tutta la pianura fino al mare sono custoditi dipinti e opere che rappresentano un grande spaccato della cultura visiva del ‘900. Ma di questa vi racconterò prossimamente.
Ciò di cui vi voglio invece parlare oggi è di una mostra che resterà visibile fino alla fine di questo Aprile, dei dipinti e disegni di Tinin Mantegazza (di cui abbiamo già parlato qui in merito al Presepe sulle barche del Museo Galleggiante della Marineria e qui del suo compleanno).
Ligure di Varazze, milanese da quando aveva sei anni, trasferitosi poi a Cesenatico «perché lì la gente è più simpatica», Tinin è un illustratore, pittore, scenografo, si è distinto nel giornalismo, nella regia, nell’animazione culturale e nell’organizzazione teatrale. E’ colui che ha dato vita a Dodò dell’Albero Azzurro, ha creato il Presepe sul Museo Galleggiante della Marineria …. e che ha dato anima, colore e poesia alla nostra Osteria del Gran Fritto di Cesenatico.
Quelli esposti a Longiano sono disegni e dipinti dal 1969 al 2004 che vertono principalmente sul lavoro satirico e d’illustrazione senza comunque tralasciare una presenza più intima e poetica della sua pittura.
Per ora vi lascio qualche immagine e … consiglio vivamente una visita!
Tratto da una intervista a Tinin Mantegazza di Anna Cirillo …
«Fin da bambino facevo le caricature agli amici di famiglia, che di solito si offendevano. Nel ’47 mio padre morì, avevo 15 anni, e il mio primo lavoro fu decorare gli stand della fiera campionaria che cominciava a rinascere. Nel dopoguerra, quando aprirono locali come il Santa Tecla o l’ Aretusa dove si suonava jazz, andai a decorare le pareti con dei giovani pittori: Enrico Baj, Joe Colombo, Sergio d’ Angelo. Fondammo un gruppo, Pittura Nucleare, e in seguito diventammo amici di Fontana e Sassu».
E come mai passò al giornalismo e da qui al cabaret?
«Negli anni ’50 lavoravo per La Notte di Nutrizio. Riempivo gli spazi vuoti con disegni. Poi venni assunto al Giorno, dove facevo di tutto. Ma mi venne anche il desiderio di altro. Così nel 1964, a 33 anni, fondai “Cab 64” in via Santa Sofia».
Un bel posto?
«Lo scantinato di un bar. Non avevamo una lira, bisognava farci il bagno e Bruno Lauzi anticipò il denaro per il gabinetto. Così potemmo aprire. Io, mia moglie Velia, Lauzi, Cochi e Renato, Gino Negri, grande compositore, in cooperativa. Si faceva cabaret tutte le sere, Paolo Poli si esibì con il suo Santa Rita da Cascia. Erano anni magnifici, Milano ribolliva e nascevano nuovi astri, Gaber, Jannacci, che passavano anche da noi. Un clima splendido. Morto con l’ inizio degli anni ‘ 70, poi con la Milano da bere».
Lei poi scrive fiabe per la Rai e fonda il teatro Verdi.
«Era una sala da biliardo. Cercavamo un posto per fare teatro per le scuole, e la sera ospitavamo i teatranti che non avevano casa. L’ Elfo ha cominciato al Verdi, Salvatores ha debuttato lì».
Vent’ anni fa la Rai l’ ha chiamata ancora e lei ha lavorato a lungo con Enzo Biagi. Che ricordo ne ha?
«Un personaggio straordinario. Mi ha fatto soffrire l’ arroganza con cui è stato trattato. Un segnale preciso, un avvertimento anche per gli altri giornalisti. La tv di oggi è fatta per rimbambire la gente».
E di Milano che ne pensa?
«Non avverto segnali di rinascita. Milano è stata fregata, c’ è più vita in provincia».