Ci stanno secoli di storia dietro questa ricetta: la cucina di mare nata sui pescherecci, gli scambi con i saperi dell’entroterra, la miseria, la sapienza, le consuetudini attorno alla tavola. E poi gli strumenti e i materiali: il testo di terracotta o di ferro, le macine di pietra per la farina della piadina …
Piadina con la Saraghina
Ricetta dello Chef Gregorio Grippo
Ingredienti
per la piadina per 10 piadine
- 1 chilogrammo di farina
- 150 grammi di strutto
- 1 cucchiaino di miele
- 20 grammi di baking
- 25 grammi di sale
- 1 cucchiaino di bicarbonato
- 2 cucchiai di olio
- 200 grammi di latte
- 200 grammi di acqua
per la saraghina
- 1 chilogrammo di saraghina
- sale marino integrale grosso
Preparazione
per la piadina
Impasto tutti gli ingredienti, avvolgo la massa nella pellicola e la lascio riposare per almeno un’ora. Trascorso questo tempo, la rilavoro brevemente e ne ricavo 12 palline che andró poi a stendere con il amtterello sopra al tagliere e a cucinare sul testo (in mancanza, va bene anche una padella larga dal fondo steso.
per la saraghina
Pulisco bene tutti i pesci togliendo loro le interiora. Le salo leggermente e le appoggio sulla graticola ben calda, 3/4 minuti per parte. Alla fine servo la saraghina con la piadina. Accompagno con radicchio di campo tagliato a listarelle, condito con sale, olio e aceto di vino bianco e con della cipolla rossa scottata con aceto. Proprio come si faceva una volta.
Una nota storica
Prima di tutto si cucinava la piadina, poi … per la saraghina … la ricetta era semplicissima: il pesce veniva appena sciacquato nell’acqua, asciugato e, a dispetto del gatto che si strofinava animatamente fra le gambe dell’azdòra, senza scartare nulla, veniva infarinato (il più delle volte con la farina gialla).Testo, teggia o teglia: si tratta di una piastra di terracotta o di ferro. Per la cottura del pesce, generalmente, veniva preferita quella di ferro perché assorbiva meno gli odori che poi avrebbero contaminato cotture successive. E poi … il testo di terracotta spesso si “crepava” e si doveva procedere alla “sprangatura”, un’operazione difficile di ricucitura con fil di ferro.
Successivamente, con uno stecchino, se ne attaccavano per la coda tre insieme (anche cinque, quasi a formare le dita di una mano) e si adagiavano sulla teglia rovente con sotto alcuni grani di sale grosso che, per il grande calore, e per la gioia dei bambini, saltavano da tutte le parti (questo serviva a che la pelle dei pesci non entrassero a diretto contatto con la superficie caldissima).
Comunque era compito della cuoca girarli molto spesso, con la punta del “coltellone”.
In pochi minuti le saraghine erano cotte e cedevano il posto ad altre tre; per una famiglia molto numerosa si dovevano cuocere almeno una ventina di pezzi.
Man mano che gli “spiedini” erano pronti, venivano riposti in un grande piatto (che veniva coperto perché il pesce rimanesse caldo e morbido) e unti con solo un filo d’olio.
In molte famiglie, quest’ultimo era un passaggio che veniva omesso sia perchè l’olio costava molto e non andava sciupato, sia perché si era soliti dire che le saraghine si cuocevano nel loro grasso. E in effetti, in tutto ciò, c’è molto di vero: pescati infatti nel momento giusto, questi pesci hanno un quantitativo di sapore e grassi tali per cui non necessitano di nessun’altra aggiunta.