Gregorio mi racconta: “La mia nonna cucinava il pane in un tegame di terracotta con il coperchio: metteva la brace sotto e sopra”.
E’ da questo ricordo che nasce il pane che da Febbraio troviamo sulle tavole delle “Osterie del Gran Fritto e del Ristorante la Buca di Cesenatico.
Oggi Gregorio non usa la terracotta, tantomeno le braci ardenti (lo cucina in forno all’interno di particolari tegami chiusi), ma il suo pane mantiene intatte le caratteristiche che aveva quello dei suoi ricordi: crosta croccantissima, interno leggero, profumato, fragrante.
Come lo definisce lui stesso, è un pane che “sa di casa”.
Fin dall’inizio della nostra chiacchierata, percepisco che per il Primo Chef dei locali di Stefano e Andrea Bartolini, il pane non è un alimento, è un “elemento”, è qualcosa che … “lo vedi nascere e crescere, lo devi seguire, gli devi portare grandi cure e prestare molte attenzioni, ma riesce a regalarti autentiche soddisfazioni”.
“I pensieri e le emozioni che un buon pane appena sfornato evocano in ognuno di noi, non sono suscitate da nessun altro alimento”.
In fondo … tutte le materie prime che “passano” sui banchi di una cucina vengono lavorate, trasformate, manipolate o semplicemente lasciate intatte: ciò non toglie però che ognuna di loro mantenga sempre una sua identità, una sua origine.
Per il pane invece gli ingredienti abbandonano il loro ruolo nel prodotto finito, si perdono nella trama dell’alveolatura, nel profumo che invade la stanza durante la cottura, nel profondo valore simbolico che ricopre per tutte le popolazioni della Terra.
Gregorio usa solo acqua, farine e la pasta acida (qualcuno potrebbe erroneamente chiamarla lievito madre) che da 20 anni rinfresca e nutre ogni 12 ore.
Poi altri ingredienti fondamentali sono la conoscenza e la consapevolezza: lo studio delle farine, delle temperature e dei giusti gradi di umidità, della fermentazione e della cottura.
Tutto deve essere sempre sotto controllo: nel laboratorio l’acqua viene bollita, lasciata freddare, decantare e filtrata, le farine sapientemente dosate e miscelate in base alle loro caratteristiche e al tipo di pane che si vuole ottenere (farine grezze con aggiunta di crusca per il pane cotto nel tegame; segale, avena, semola di grano saraceno, semi di girasole e grano spezzato per quello ai cereali…).
Nella spianata e nei grissini solo sale “dolce” di Cervia, strutto … come una volta e olio extravergine di oliva.
Niente spezie nè erbe aromatiche … coprirebbero il sapore del pane e lo renderebbero di difficile abbinamento ai vari piatti delle Osterie e del Ristorante.
Infine … il tempo: il pane di Gregorio lievita naturalmente per almeno 18 ore, senza camera di lievitazione e solo grazie alla profonda conoscenza che gli permette di trovare ogni giorno il luogo adatto, un angolo della sua cucina “adatto” per questo momento così delicato.
Qui si realizzano le condizioni ideali per ottenere un pane, come dice lui stesso, “semplice, fedele a quello della tradizione”.
Giorgia Lagosti