Sono anni che Stefano Bartolini è presete a Slow Fish (Genova) e al Salone del Gusto (Torino) perchè Slow Food vuole il meglio del pesce dell’Adriatico. Nell’appena concluso 2013 è stato convocato anche a “Cheese – Tutte le forme del latte” per testimoniare con la sua cucina di strada che il formaggio può essere un perfetto “compagno di piatto” anche per il pescato. Vi ricordate quando vi ho raccontato di come sia riuscito a dar forma a questo connubio con i 4 piatti che ha portato a Bra?
Bene! Allora ricorderete anche che fra questi c’era la “Piadina fritta imbottita con squacquerone e sardoncini di lampara”.
In quell’occasione Stefano, dopo una accurata selezione, scelse lo squacquerone del Caseificio Mambelli di Santa Maria Nuova di Bertinoro ed io, che proprio non sono capace di scrivere di un prodotto senza prima aver “toccato con mano” … andai a vedere dove nasceva e chi lo faceva. A dire il vero avevo sentito parlare più volte della qualità della loro ricotta e del loro squacquerone, mi era capitato spesso di utilizzare questi formaggi e rimanerne soddisfatta ma, vista loro larga distribuzione, mi aspettavo una situazione quasi industriale, governata da macchine e dedita all’ottenimento di uno standard “omologato”.
E invece … mi sbagliavo!
Ma cominciamo dall’inizio: al mio arrivo sono stata accolta da Federica, che insieme alla sorella Raffaella, gestisce l’azienda di famiglia.
Una forte stretta di mano e iniziamo a chiacchierare: “l’inizio dell’attività risale agli anni ’50, periodo in cui la nostra nonna paterna, per sfruttare il latte prodotto dalle mucche, che era troppo rispetto alla necessità, iniziò a produrre ricotte. E non lo faceva dal siero, come si era soliti fare, ma direttamente dal latte. Scoprì poi che utilizzando l’acqua salsoiodica delle terme della Fratta come agente affiorante, otteneva un prodotto fantastico: estremamente delicato ma dal gusto pieno, molto cremoso e per nulla sabbioso. La nonna vendeva queste ricotte al mercato.
Suo figlio, nostro babbo, iniziò a vendere anche ai grossisti di Cesena ed aprì il primo vero caseificio. Pensa che al tempo dovette costruire personalmente alcune attrezzature che ancora non si trovavano in commercio! Infine siamo arrivate io e mia sorella: il babbo ci ha insegnato il mestiere, noi ci siamo appassionate e …. non abbiamo più lasciato la nostra azienda”.
Quali sono i vostri prodotti di punta?
“Certamente la ricotta e lo squacquerone. Ma … vieni che entriamo! Stiamo proprio producendo la ricotta! La facciamo ancora seguendo la ricetta della nonna, senza conservanti e acidificanti: il latte giunge fresco ogni giorno da stalle selezionate, tutte certificate nel circuito “latte alta qualità” e tutte all’interno del nostro territorio. Noi lo riscaldiamo e aggiungiamo l’acqua termale: i suoi tanti oligoelementi, all’incontro con le proteine e con i grassi del latte non scremato, permettono ai fiocchi della ricotta di salire in superficie”.
Entriamo nella grande sala di produzione dove le operatrici stanno raccogliendo dalla vasca di coagulazione la ricotta, a mano, con un colino forato, e la versano, sempre a mano, nelle fuscelle forate, una ad una. Gesti sicuri, pacati, precisi. Altro che realtà industriale! E poi c’era un profumo di latte quasi da svenire!
“A questo punto lo sgrondo del siero in eccesso e la permanenza in celle di raffreddamento sono sufficienti a rendere la ricotta pronta per essere consumata.
L’altro nostro fiore all’occhiello è lo squaquerone Dop, proprio quello che Stefano Bartolini ha scelto per Cheese a Bra. Noi lo prepariamo con latte intero, caglio, fermenti lattici (prodotti all’interno del caseificio stesso) e sale dolce delle saline di Cervia.
Lavoriamo questi ingredienti in grandi vasche dove la cagliata viene tagliato a cubi. Poi entra in gioco l’abilità e l’intuizione del casaro che decide quando rovesciarla all’interno degli stampi. Verranno poi lasciati riposare in celle frigorifere per far sì che il formaggio si compatti fino alla tipica consistenza morbida e cremosa dello squacquerone. Ci vorranno circa 6/7 giorni”.
E in tutto questo dove sta la tecnologia?
“Abbiamo adeguato il nostro caseificio con impianti all’avanguardia e software per il controllo dei parametri di processo, per tutelare il più possibile il consumatore. Abbiamo deciso infatti, a fronte della scelta di non usare conservanti, di mettere in campo una elevata attenzione agli standard di qualità e monitoriamo in maniera abbastanza serrata i livelli microbiologici dei prodotti e delle fasi.
Ma sopra a tutto c’è il controllo dei operatori che incartano a mano ogni singolo pezzo: tutto il nostro formaggio passa quindi sotto occhi attenti che ne valutano l’integrità”.
Tutto sterile, tutto pulitissimo. Nulla è lasciato al caso. E dire che non è certo il primo caseificio che ho occasione di visitare!
Ottima scelta Stefano!
Giorgia Lagosti