La Buca . . . prima e dopo la Stella
Siamo nelle cucine de La Buca. Ormai alle porte della stagione estiva.
Sono passati circa sei mesi dal riconoscimento della guida Michelin.
Cosa è cambiato? Sempre che qualcosa sia cambiato! Lo chiedo a Gregorio Grippo.
Gregorio … “Oggi come prima, il rigore nella scelta della materia prima e della tecnica, nel rispetto delle tradizioni sono alla base della nostra cucina. Io e la mia brigata lavoriamo allo stesso modo, con tanto impegno e serietà. Forse ciò che è cambiato è l’approccio delle altre persone nei confronti del nostro “operare”, la visione che gli altri hanno di noi”.
E ti pesa il dover mantenere il riconoscimento ottenuto?
“Assolutamente no. È uno stimolo. In fondo, la Stella è stata solo la conferma del fatto che stiamo andando nella direzione giusta. Io e Stefano la consideriamo quasi come un punto di partenza. Quello che vogliamo è migliorare ed evolverci, a prescindere da qualsiasi riconoscimento”.
Cosa cerchi oggi di trasmettere al tuo staff?
“Cerco di essere stimolante e di far passare le ore di lavoro in serenità incoraggiando la mia brigata a fare sempre meglio. Mi ritengo autorevole, non autoritario. Devo mantenere alta l’attenzione perché tutto venga fatto nel migliore dei modi, al massimo delle nostre capacità. Siamo un gruppo molto coeso, uomini dipendenti l’uno dall’altro perché tutta la “macchina” funzioni. La sinergia in una cucina è indispensabile e di questo ne sono ben consapevole!”.
E il messaggio di cui vuoi investire i tuoi piatti?
“… quello è compito di Stefano. E’ lui che mette l’idea, l’emozione, la storia. Credo che tu debba chiedere a lui!”
Stefano …“ogni volta che parlo a Gregorio dei miei ricordi, quelli legati al babbo Marcello, dei suoi “sapori” cerco di trasmettergli ciò che provo … emozioni, rievocazione. Quello che desidero comunicare è, come scrisse Proust nella sua “recherche” a proposito delle madeline, un moto dell’animo, una sensazione. Il phatos”.
E … cosa è per te il pathos in un piatto?
“Lo percepisco come una esperienza che nasce da un abbinamento, da un insieme di consistenze, da una ricetta. In effetti è difficile darne una definizione: è come se dopo l’assaggio di alcuni piatti, la mia mente in accordo con il mio palato, si rifiutasse di ricordare altro se non quell’esatto sapore. Non è solo la sperimentazione di piatti di alta cucina. Può essere la spada fritta mangiata con le mani e “spolpata” fino a lasciarne sono la difficile lisca. O la merenda perfetta di me bambino, che non riesco più a replicare esattamente anche se la ricetta era semplice e gli ingredienti essenziali.
Poi ci sono “ispirazioni” che nascono semplicemente camminando per strada o da un piatto del passato rielaborato, da un ingrediente, da un disegno o da un’opera d’arte. Anche da un viaggio.
Vedi, le strade della creatività in cucina sono le più disparate. C’è chi cerca ispirazione nel mondo, chi la trae stando volontariamente lontana dal mondo. C’è chi per scegliere un piatto da inserire in menù lo prova 100 volte, chi invece è folgorato da un’ispirazione immediata, chi ne crea 50 per metterne in carta 5, chi perfeziona, chi sceglie, chi crea in team. Per me l’ispirazione è un momento spesso legata al passato, al vissuto, ma anche al quotidiano. Poi arriva Gregorio a materializzare il tutto. La nostra cucina nasce da qui”.
Giorgia Lagosti