Il porto canale leonardesco di Cesenatico in una luminosa e soleggiata giornata di primavera: il passeggio rumoroso e schiamazzante di voci, di risate, di gabbiani, di suoni che escono dai pescherecci appena approdati dopo l’uscita in mare o in piena fase di riassetto e pulizia. La luce forte che si riflette sul selciato bianchissimo, il riverbero sull’acqua. Affacciato sulla banchina, il ristorante La Buca.
Entriamo.
E …. il buio e lo scuro del ferro, il grezzo della lamiera. Un momento madido dell’umido della ruggine. Un passaggio.
Andrea, Bartolini ovviamente, l’architetto, mi racconterà che l’ha pensato per ricreare le sensazioni che ogni pescatore viveva nell’entrare nella cambusa di un peschereccio. Materiali “maschili”, passaggi di luce, assenza di suoni: tutti i sensi si lasciano alle spalle la banchina del canale.
Dentro, un ambiente completamente distaccato dal mondo esterno, un luogo in cui respirare pace e alienazione dalla vita della cittadina.
Un ambiente ricco di personalità in cui nulla è lasciato al caso.
Un ambiente che, denunciate dal differente uso dei materiali e della luce, è intrinsecamente legato a diverse anime.
Passiamo dunque dal buio dell’ingresso alla zona ristorante in cui l’atmosfera è sì sobria, ma anche calda ed ovattata. Tutto ciò è reso dall’uso di materiali che non riflettono la luce ma la assorbono, creando un effetto quasi di opalescenza.
Una delle due pareti perpendicolari all’ingresso è stata lasciata intatta, quasi a voler preservare un pezzo di storia: cemento armato a contenimento sismico messo in opera anni fa per sostenere in sicurezza i piani sovrastanti. Solo la luce a “disegnarne” la trama.
Per l’altra invece è stata utilizzata una resina compatta, liscia, statica, movimentata solo da barlumi di chiarore che disegnano degli archetti. Un effetto tenda a dare “morbidità”.
All’ingresso quindi, i lati della visuale sono incorniciati da due pareti connotate, con un messaggio da comunicare, con una funzione … essere guardate.
Gli altri due muri, e dico muri intenzionalmente, quelli paralleli al canale (uno ci resta alle spalle e l’altro ce lo si ritrova dinnanzi), … asettici, vuoti.
Perché? Davanti a noi c’è la cucina, vera protagonista alla Buca.
Qui i materiali cambiano, cambia la luce e cambia il messaggio. Da qui possiamo assaporare il lavoro della brigata in uno spazio metallico, forte, duro, insensibile al tempo, freddo e sterile.
Le superfici sono un continuo di acciaio, un’unica fusione senza giunture, perfette per una pulizia agevole e profonda. Allo stesso modo sono state pensate e realizzate le pareti: piastrelle fino al soffitto, completamente lavabili.
Le cucine delle Buca sono un “bossolo” sterile e senza possibilità di contaminazioni.
Fra la sala e la cucina, solo un impercettibile vetro e … la pescheria: il freddo del ghiaccio, della freschezza del pesce e del marmo.
La pescheria è di marmo: un piccolo coefficiente termico che permette una lunga tenuta delle basse temperature, una origine completamente naturale e soprattutto … una lunga storia nelle pescherie del secolo scorso. [continua]
Giorgia Lagosti