Dalla campagna di Cesena alla ribalta di Hollywood. E … non sto esagerando perchè, seppur sconosciuto per i non appassionati del settore, Monty Banks, al secolo Mario Bianchi, all’inizio del secolo scorso, ha fatto la storia del cinema muto d’oltre oceano.
Nato a Cesena nel 1897, era figlio di povera gente: i suoi genitori avevano gestito in città prima un’osteria poi un negozio di frutta e verdura. Nella città romagnola, visse in quella che oggi è via Ancona.
Ma ripercorriamo le tappe della sua scalata al successo.
Come sottolinea fin da subito il suo nome, ordinario per eccellenza, la sua vicenda umana partì da una condizione di totale anonimato, ma a dispetto di tutto ciò, si dice che fin da giovanissimo fosse vivace e dinamico. La sua verve però si scontrava quotidianamente con lo scenario privo di prospettive in cui si trovava a vivere. Fu così allora che un bel giorno, si dice avesse non più di 13 anni, lasciò Cesena, pare unendosi ad un circo, per tentare una vita migliore.
Nei 4 anni successivi soggiornò in Francia e in Inghilterra, nazioni che lo videro adattarsi ai mestieri più umili. Ma imparò l’inglese. A quel punto era pronto per partire alla volta delle Americhe: aveva 17 anni. Qui, prima che gli si schiudessero le porte del cinema, ricominciò la gavetta facendo il cameriere, il venditore di cartoline postali e persino il ballerino.
Sul modo in cui fu scoperto come attore le versioni sono contrastanti: secondo quanto riportato dai giornali dell’epoca, un talent scout lo avrebbe notato mentre stava scherzando con alcuni coetanei. Un suo compaesano racconta invece che fu notato mentre scappava, inseguito da un cane.
Quel che è certo è che un documento fotografico del 1918 lo mostra nei panni di un messicano al fianco del noto attore Roscoe Arbuckle, detto “Fatty”, e proprio su suo consiglio, in considerazione della fama di cui gli italiani godevano all’epoca, Mario Bianchi decise di americanizzare il proprio nome, scegliendo lo pseudonimo Monte Banks, che in seguito avrebbe modificato in Monty Banks. Per completare la sua metamorfosi decise anche di farsi crescere un eccentrico paio di baffetti a triangolo.
Questo passaggio sancisce il vero inizio della sua carriera che decollerà grazie alla decisione dei fratelli Warner, ai tempi semplici proprietari di circuiti cinematografici, di “attaccare” il mondo della produzione ingaggiando attori non troppo costosi.
Presero accordi con Monty per una serie comica di due bobine, da girarsi a basso costo: entrambe ebbero un notevole successo. Banks, oltre a distinguersi dagli altri comici per caratteristiche fisiche, appariva diverso per natura: la sua origine romagnola gli conferiva un alone di bonarietà spontanea, molto vicina al gusto europeo.
Poi la sua formidabile agilità gli permetteva di non usare controfigure nelle scene pericolose e … se consideriamo che il cinema dell’epoca era visto quasi unicamente sotto l’aspetto dell’intrattenimento, è facilmente comprensibile che il pubblico preferisse gli attori che davano prova di abilità sportive e sprezzo del pericolo.
Forte dei suoi successi (film come The Covered Shooner, Taxi, Please, The Boy in Blue e soprattutto Rancing Luck) e dimostrando un notevole spirito imprenditoriale, Monty si dedicò anche alla produzione entrando prima in compartecipazione con i fratelli Warner e fondando poi una propria etichetta: la The Monty Banks Pictures Inc.
Sono questi gli anni d’oro dell’attore che viene anche messo sotto contratto dalla Pathè e collocato all’altezza di mostri sacri come Loyd, Chaplin e Keaton.
La sua fu una comicità classica, basata su imbarazzo, equivoco, caricatura e satira: in essa comparivano netti gli elementi tipici dello stile americano di quei tempi, come lo “slapstick” (trovate di facile presa: torte in faccia, cadute, schiaffi … ) e la “pursuite” (inseguimento comico). La sua era una comicità universale, in grado di arrivare a tutte le fasce di pubblico.
Oltre al ruolo di attore e produttore, completò infine la sua professionalità calandosi anche nei panni di regista: a partire dal 1928 lavorò in Inghilterra per la British International Pictures. E ciò gli permise di superare, meglio di tanti altri colleghi, l’avvento del cinema sonoro che, per le differenti qualità attoriali che richiedeva, spazzò via quasi l’intero star system del muto.
La sua ultima regia risale al 1941 quando diresse l’indimenticabile coppia comica di Stan Laurel e Oliver Hary, ovvero Stanlio e Ollio, nel film Great Guns.
Siamo però al termine della carriera di Mario Bianchi, che passerà gli ultimi anni della sua vita viaggiando fra l’America, l’Inghilterra e l’Italia, dedicandosi alla filantropia. Concludo con una curiosità: sull’elenco telefonico di Cesena, certamente per una mancata sostituzione dell’intestazione, è comparso ininterrottamente fino al 1972, 22 anni dopo la sua morte. Che sia stata una trovata comica escogitata dal defunto per sopravvivere nel ricordo dei suoi concittadini?
Giorgia Lagosti